Alla ricerca di una definizione pertinente e attuale della moda, attraversando le riflessioni di architetti, designer, filosofi e storici. Un percorso di lettura che fa emergere con chiarezza la centralità del progetto in questo complesso rapporto tra abito e corpo
La parola design è così presente nel nostro quotidiano che abbiamo smesso di sentire la necessità di tradurla. Design è un termine inglese il cui suono, in italiano, ricorda la parola disegno. Entrambi i termini condividono l’etimo, ma mentre il disegno fa riferimento a un’azione che mette su carta, attraverso un segno, un’idea, il campo semantico di design mira a non limitarsi alla materialità di matita e foglio. Design significa progetto, e non ha un particolare legame con la realizzazione fisica di qualcosa – oggetti, edifici, strutture – quanto più con la scomposizione di un’idea nelle sue parti fondamentali, e con la comprensione dei suoi sviluppi, potenziali e reali. Il percorso che dall’ideazione porta alla produzione e anche al consumo degli oggetti di moda segue logiche progettuali che inseriscono la moda stessa tra le discipline che afferiscono al design.
Ma la moda, in quanto sistema complesso, ha un modo tutto suo di relazionarsi all’idea di progetto, nelle sue declinazioni e forme. Quello che rende la definizione di progetto di moda se non unico, almeno con un valore cruciale, è il legame intrinseco che la moda ha con il corpo. Il corpo è materia viva, è disobbediente, è soggetto al passare del tempo e insieme alla inquieta percezione che abbiamo di noi stessi. La moda è lo strumento che l’uomo ha per controllarlo e per rendere cultura la natura. Il primo a considerare la relazione tra abito e corpo attraverso l’idea di progetto è l’architetto e designer Bernard Rudofsky. La riflessione di Rudofsky prende forma in una mostra al MoMA di New York (1944). Il titolo in realtà è una research question, una sorta di convenzione accademica richiesta a chiunque si imbarchi in un progetto di ricerca: Are Clothes Modern? La risposta che Rudofsky dà a questa domanda non è semplice, o immediatamente comprensibile. Nella mostra, rappresentazione tridimensionale del pensiero del progettista, il corpo è la materia grezza che il vestito ha il compito di modificare, migliorare o peggiorare, trasportandone le forme classiche e naturali nell’istante contemporaneo.
Bernard Rudofsky, “Are clothes modern?”, MoMA, New York, 1944
In un certo senso, l’abito quando è indossato è rappresentazione della modernità come qualità eternamente presente. Per Rudofsky, quello che trasporta vestiti e corpi nella modernità è, in una parola, la moda: con le sue irragionevolezze e contraddizioni, con la sua arbitrarietà, la ciclicità, con il suo essere incomprensibile e “profondamente superficiale”. Se consideriamo il sistema della moda contemporaneo come un campo di forze irradiato globalmente, uno dei fuochi che ne determina fluttuazioni e rivolgimenti è il designer. Il designer è colui che individua i problemi, agisce su domande che richiedono delle risposte – e risolvere i problemi – con creatività e intelligenza.